LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE I CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Michele CANTILLO Presidente
" Vincenzo BALDASSARRE Consigliere
" Rosario DE MUSIS "
" Antonio A. CATALANO Rel. "
" Ernesto LUPO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto
da
CORSI & PARTNERS SOC. A R.L. (già S.p.A. Corsi e Partners) in
persona del legale rappresentante pro tempore per procura speciale
Notaio Enrico Chiodi Daelli rep. 83667 del 28.2.1992 domicilio eletto
in Roma Via Cicerone 28 difeso dall'Avvocato Aloisio Roberto G. c-o
Aloisio R.;
Ricorrente
contro
CHIURLO ARNALDO BENVENUTO; domicilio eletto in Roma Via del Foro
Traiano 1-A difeso dall'avvocato Negri Clementi Gianfranco c-o
Zanchini Restano Cassulini Ferdinando c-o Zanchi Gianpaolo;
Controricorrente
avverso sentenza della Corte d'Appello di Milano emessa il 12.7.1991
num reg. gen. 000949-1991;
udito il consigliere relatore Dott. Catalano Antonio A. nella
pubblica udienza del 22.12.1994;
è comparso l'avvocato Aloisio difensore del resistente che ha
chiesto l'accoglimento del ricorso;
sentito il P.M. in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. Amirante
Fabrizio che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
Arnaldo Benvenuto Chiurlo convenne innanzi il Tribunale di Milano la Corsi & Partners s.p.a. Reinsurance Broker per sentir dichiarare la nullità, o comunque annullare tutte le deliberazioni assunte nell'assemblea dei soci del 3 marzo 1985.
Costituitosi il contraddittorio, la convenuta, contestata la qualità di socio dell'attore, chiese che fosse dichiarata la carenza di interesse e-o di legittimazione dell'istante, ovvero che fosse dichiarata l'inammissibilità e-o l'improcedibilità dell'art. 2378 c.c., e, in ogni caso, concluse per il loro rigetto.
Il tribunale, disattendendo le eccezioni pregiudiziali della convenuta ed in accoglimento della domanda, dichiaro la nullità della delibera con la quale l'assemblea ordinaria della società aveva approvato il bilancio dell'esercizio al 31 dicembre 1984 e pronunciò l'annullamento di tutte le altre deliberazioni assunte in tale assemblea.
La decisione è stata confermata dalla corte territoriale la quale, giudicando sul gravame proposto dalla società soccombente ha così deciso sulle questioni che formano oggetto del giudizio in questa sede.
La statuizione del giudice di primo grado in ordine alla ritenuta rilevanza, ai fini probatori, della condotta processuale tenuta da essa appellante sulla questione relativa ai requisiti formali dei documenti prodotti dal Chiurlo non meritava censura tanto più quando, trattandosi di scritti provenienti dalla società stessa, l'onere di disconoscere tempestivamente la sottoscrizione ai sensi dell'art. 214 c.p.c. incombeva alla medesima, anche nell'ipotesi in cui si fosse trattato di documenti riconducibili ad un precedente rappresentante legale.
Analogamente, erano da condividere le conclusioni cui era pervenuto il tribunale circa i due aspetti attinenti alla contestazione della qualità di socio dell'appellato, concernenti, rispettivamente, l'esistenza del "transfert" e la nullità del trasferimento in quanto non relativo a azioni con prestazioni accessorie.
Relativamente alla pronuncia di annullamento delle delibere assembleari del 3 luglio 1985, la corte del merito, premesso che le argomentazioni in base alle quali era stato fondato il convincimento circa la mancata convocazione del Chiurlo per la riunione del consiglio di amministrazione era del tutto logico e razionale, ha ritenuto che l'invalidità della delibera assunta dal detto organo aveva, conseguentemente, determinato l'annullabilità di quelle successivamente adottate dall'assemblea.
La corte ha, altresì confermato la declaratoria di nullità della delibera di approvazione del bilancio rilevando, per un verso che era stata acquista in atti la prova della mancata allegazione alla bozza di bilancio depositata delle copie dei bilanci delle società controllate, per altro verso che il tribunale era pervenuto alla conclusione contestata dall'appellante dopo avere esaminato tutta documentazione, nonché le successive deliberazioni assembleari del 14 febbraio 1986.
Nè miglior sorte meritavano gli ulteriori profili di censura dedotti dalla Corsi e Partners, trattandosi di deduzioni del tutto generiche e contrastanti con il principio per il quale la disciplina giuridica del bilancio ha natura imperativa essendo dettata nell'interesse di una serie indefinita di soggetti, sicché la violazione della regola della chiarezza e della precisione alla quale la sua redazione deve essere improntata, non poteva non condurre alla pronuncia di nullità.
Ricorre per cassazione la s.r.l. Corsi & Partners (già s.p.a.
Corsi & Partners) sulla base di due motivi illustrati da memoria.
Resiste con controricorso Arnaldo Benvenuto Chiurlo.
Diritto
Il primo motivo di ricorso, con il quale la ricorrente ripropone, sotto l'aspetto della violazione delle norme e dei principi in tema di trasferimento di azioni, di validità delle delibere assembleari delle società per azioni e vizio di motivazione, le questioni ampiamente dibattute nella fase di merito, si articola nei seguenti profili che vanno separatamente esaminati.
Innanzitutto, viene dedotto il difetto del Chiurlo sul rilievo che il certificato azionario depositato all'atto della instaurazione del giudizio di impugnazione delle delibere, per dimostrare la qualità di socio, era intestato a persona diversa e non sussistevano i requisiti per la validità del "transfert", sicché era ravvisabile il difetto delle condizioni di procedibilità di cui all'art. 2378 c.c.
La doglianza non è fondata.
È noto che l'azione, come titolo nominativo, può formare oggetto di trasferimento secondo varie modalità, delle quali nella specie vengono in rilievo quelle disciplinate nella prima parte dell'art. 2022 c..c, per cui il trasferimento del titolo nominativo si opera mediante l'annotazione del nome dell'acquirente sul titolo e nel registro dell'emittente. Tali formalità, che nel loro complesso costituiscono quello che comunemente viene definito "transfert", sono necessarie soltanto per l'acquisto della legittimazione all'esercizio dei diritti sociali, mentre per l'acquisto della proprietà del titolo è sufficiente il semplice consenso.
Il punto è pacifico in dottrina e giurisprudenza, la quale evidenzia che ai fini della validità del trasferimento si richiede il consenso delle parti legittimamente manifestato, secondo la regola generale di cui all'art. 1376 c.c., specificando, inoltre, che l'iscrizione nel libro dei soci è necessaria allo scopo di dimostrare la qualità di socio, anche nel rapporto con la società, ed ha, perciò, una funzione meramente certificativa ed esecutiva (Cass. 7 gennaio 1981, n. 116; Cass. 7 novembre 1989, n. 4647).
La società ricorrente fonda le proprie ragioni richiamandosi, sostanzialmente, a questi principi ma l'inattendibilità della censura così proposta discende dalle particolari modalità di evoluzione della vicenda le cui cadenze sono state accertate dal giudice del merito nel modo che segue.
La societa Corsi & Partners, dopo avere deliberato l'acquisto di sessantamila azioni proprie utilizzando l'apposito fondo stanziato in bilancio, trasformò i titoli in azioni con prestazioni accessorie e li intestò al resistente, presente nell'assemblea, al quale vennero successivamente inviati.
L'annotazione sui certificati del nuovo proprietario, effettuata dal presidente della società, non risulta eseguita sul libro dei soci, ma tale omissione non comporta le conseguenze postulate dalla ricorrente atteso che, per quanto si è esposto, l'annotazione di cui si tratta, che non incide sulla validità del trasferimento fra le parti, è preordinata unicamente allo scopo di rendere opponibile la cessione anche nei confronti della società. Ma nella specie, poiché il trasferimento in favore dell'odierno resistente ebbe ad oggetto quegli stessi titoli che la società aveva acquistato per sè, ne consegue che la vicenda traslativa era ad essa opponibile, pur in mancanza dell'annotazione, la cui funzione era stata sostanzialmente svuotata di contenuto dall'assunzione da parte dell'ente del duplice ruolo di alienante ed acquirente dei certificati azionari, circostanza, questa, che rendeva superflua l'annotazione sul libro dei soci.
Il secondo profilo della censura prospetta, sotto diverso angolo visuale, la questione circa l'invalidità del trasferimento dei titoli, che viene fatto risalire alla data del 7 ottobre 1983, come risulterebbe della lettera indirizzata dalla società al Chiurlo.
Sostiene al riguardo il ricorrente che in tal modo si diede luogo alla violazione di una specifica clausola statutaria ed il comportamento del Chiurlo che sottoscrisse il documento si tradusse in un abuso: da ciò conseguirebbe nullità del negozio di trasferimento, siccome posto in violazione del diritto di prelazione stabilito da apposita clausola statutaria.
Neppure questa censura merita accoglimento ed al riguardo occorre ribadire che il trasferimento delle azioni venne posto in essere immediatamente dopo all'acquisto di esse da parte della società e, quindi, in una fase anteriore a quello della redazione della lettera.
In tale contesto il documento venne utilizzato al solo scopo di attuare la consegna materiale dei titoli il cui passaggio si riconduce sul piano giuridico alla pregressa espressione del consenso e questo rilievo toglie valore alla prospettazione della ricorrente.
Quanto, poi, al fatto che in esso non vennero menzionate le prestazioni accessorie afferenti ai titoli, si tratta di circostanza irrilevante ai fini della giuridica esistenza e della validità di essi, come risulta dal combinato disposto degli artt. 2354 I comma c.c. e 2633 c.c. per i quali non sono essenziali per la giuridica esistenza.
L'ulteriore questione che la società ricorrente deduce con la censura che si sta esaminando concerne la pronuncia di annullamento delle deliberazioni assembleari del 3 luglio 1985 per violazione del principio della collegialità relativamente alla riunione del consiglio di amministrazione. Si contesta al riguardo, in primo luogo, l'apprezzamento della prova per testi compiuta dal giudice del merito e si deduce, inoltre, l'irrilevanza della mancata convocazione del Chiurlo ai fini della validità della riunione consiliare. Ciò in quanto nella specie il procedimento di convocazione dell'organo collegiale aveva raggiunto lo scopo voluto dalla norma di cui all'art. 2388 c.c. (presenza della maggioranza degli amministratori in carica) e, pertanto, la delibera era idonea a produrre i suoi effetti posto che la presenza del Chiurlo non avrebbe inciso nè sull'esistenza del "quorum", nè sulla consistenza della maggioranza che deliberò sull'ordine del giorno.
Assume, infine, la società Corsi che con la nuova approvazione del bilancio di esercizio al 31 dicembre 1984 e delle relazioni degli organi sociali la questione relativa alla invalidità della precedente delibera avrebbe dovuto ritenersi definitivamente chiusa in base al disposto dell'art. 2377 c.c.
Neppure la censura così formulata merita accoglimento.
Giova premettere al riguardo che la disciplina predisposta dalla legge per il caso di amministrazione pluripersonale della società per azione, depone univocamente nel senso della cogenza del metodo collegiale, come si rileva dalle specifiche previsioni di cui agli artt. 2380, 2388, 2421 c.c. Da ciò' consegue che l'atto attraverso il quale si esprime la volontà dell'organo, in tanto può avere rilevanza giuridica, in quanto sia stato preceduto dalla convocazione di tutti coloro che hanno diritto a partecipare alla fase della sua deliberazione, sicché è inammissibile l'atto deliberativo adottato nonostante l'omessa convocazione di un componente del consiglio di amministrazione.
Nella specie la mancata convocazione del Chiurlo non è contestabile, ed il punto risulta accertato dal giudice del merito attraverso un'apprezzamento delle prove non sindacabile in questa sede, e tale evenienza ha dato luogo ad un vizio della delibera che si è proiettato all'esterno traducendosi in un vizio delle delibere assembleari adottate sulla base di quella. Nè questa conclusione può essere elusa postulando, secondo la prospettazione della ricorrente, che la presenza del Chiurlo alla riunione del consiglio di amministrazione non avrebbe inciso, nè sul "quorum" costitutivo, nè su quello deliberativo, poiché il principio per il quale l'annullamento della delibera dell'organo societario alla c.d. "prova di resistenza" e quello per il quale la validità di essa è subordinata alla presenza ed alla maggioranza degli amministratori in carica, riguarda la disciplina di un atto assunto da un organo regolarmente costituito, laddove nel caso in esame è rilevabile proprio la carenza di tale presupposto, e ciò' tenuta inattendibilità delle deduzioni della società Corsi.
Conclusione analoga si impone relativamente alle contestazioni formulate rispetto alla declaratoria di nullità della delibera di approvazione del bilancio.
Al riguardo va considerato che ai fini di tale pronuncia il giudice del merito ha preso in considerazione: a) l'oggettiva circostanza, emergente dal verbale di assemblea, per la quale alla bozza di bilancio depositata, non era stata allegata la copia dei bilanci delle società controllate; b) la circostanza che il tribunale aveva fondato la declaratoria di cui si tratta su elementi ulteriori e diversi rispetto alle omissioni di cui innanzi; c) la genericità delle doglianze mosse dall'appellante.
Altrettanto generiche ed approssimative si palesano le denuncie formulate sul punto dalla ricorrente in questa sede, denuncie che si limitano ad una critica meramente apodittica e formale della decisione impugnata, e delle quali si impone il rigetto.
Con il secondo motivo la s.r.l. Corsi & Partners sostanzialmente deduce che se il giudice del merito avesse tenuto presente il contenuto del decreto con cui, in sede di volontaria giurisdizione, era stato omologato lo statuto della società, ed in particolare la clausola inerente al diritto di acquistare le azioni speciali in caso di interruzione della "prestazione accessoria", non avrebbe potuto recepire, nel modo acritico in realtà adottato, la decisione del tribunale sull'efficacia della delibera del 30 ottobre 1981, sulla quale il Chiurlo aveva fondato la sua legittimazione ad agire.
Anche tale censura va disattesa, inerendo a questione che non ha mai formato oggetto del giudizio nelle pregresse fasi.
Si impone, quindi, per quanto si è esposto, il rigetto del ricorso con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese giudiziali, liquidate nella misura di cui al dispositivo.
P.Q.M
la Corte, rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente alle spese che liquida in complessive L. 5.340.000 di cui L. 5.000.000 (cinquemilioni) per onorario.
Così deciso in Roma addì 22 dicembre 1994.